I sogni possono diventare progetti?

Quanto siamo disposti a lavorare per trasformare i sogni in realtà? E, soprattutto, quanto siamo disposti a cambiare per uscire dalla nostra zona di comfort?

A chi non capita di sognare?
Non farlo è come vivere a metà. Truman Capote scriveva che non sognare e come non sudare, si sprecano solo tossine
Non tutti i sogni, però, si trasformano in progetti e, quando non lo fanno, restano appunto sogni. Colorati, rassicuranti, bellissimi, ma relegati nel mondo di un futuro desiderabile. Non possibile. 
È solo quando concediamo loro di diventare progetti che iniziano poco alla volta a entrare nel vivo di un’altra dimensione, quella presente. Un presente lungo e faticoso spesso, ma pur sempre presente. 

Il mio sogno ha iniziato a entrare in una fase progettuale nel 2017.
E’ stato quell’anno che, volando fuori stagione, ho avviato la mia ricerca di uno scoglio in mezzo al mare. La gente mi diceva:
Che ci vai a fare a Ibiza a novembre? È un mortorio.
A Minorca a dicembre? Fa un freddo cane ed è tutto chiuso.
Ma io avevo un sogno: ridurre al minimo il cemento contro il quale si infrangeva il mio sguardo ogni giorno.
E visitando le isole d’inverno ho provato a capire se sarei mai riuscita a trasformare quel sogno in progetto.
Il mare, il sole e i tempi lenti sono diventati poco alla volta l’obiettivo da raggiungere.
Isola dopo isola, inverno dopo inverno, navi e aerei mi hanno portata alla scoperta di nuovi lembi di terra in mezzo al mare. Anno dopo anno, il desiderio di scoperta mi ha portata a dare concretezza alla mia personale idea di felicità.
Perché, diciamocelo, è facile pensare di vivere su un’isola d’estate, ma d’inverno? Come diventano quegli scogli in mezzo al mare? Ero davvero sicura?
Ci sono voluti diversi viaggi per rispondermi di sì e, finalmente, nel 2020 ero pronta a condividere il progetto con i miei cari.
Credendo di aver trovato un luogo (ancora non avevo un COME e un QUANDO ma ero certa di avere individuato un DOVE) volevo mostrarlo loro, renderlo reale. Tanto reale da prenotare una casa per tutti noi. L’alzheimer agli inizi di mio padre lo rendeva possibile, la voglia di esplorare e condividere di mia sorella lo rendeva fattibile.
Poi, il mondo ha deciso che non era tempo. Una pandemia, l’impossibilità di muoversi, noi tutti relegati a trecento e quattrocento e settecento chilometri di distanza l’uno dall’altro. Ma il sogno era ormai un progetto e come tale non poteva fermarsi di fronte al primo (apparentemente insormontabile) ostacolo.
La forza del desiderio, chiusa da sola in cinquanta metri quadri per tre mesi, ha reso quel progetto una necessità e non più qualcosa da raggiungere con tempi lenti, tempi imposti dalla società. E allora, appena è stato possibile, ho deciso di dare un’accelerata al mio cambio di vita e, come sapete ormai, ho mollato tutto: città, lavoro, casa e mi sono trasferita su un’isola. Un’isola che mi ha dato la consapevolezza che il sogno era quello giusto, anche se non era quello il luogo.
Anno dopo anno, sono salita su altri aerei e ho ripreso a esplorare i miei scogli d’elezione nel bel mezzo dell’oceano. Sperimentavo nuove forme di convivenza, conoscevo persone incredibili con cui condividevo ideali e modi di vita.
Tra una toccata e fuga passavo di nuovo di qui, nella stessa isola dove nel gennaio del 2020 avevo prenotato una casa per il marzo successivo. Ma non era il momento, non ancora.
È arrivato nel dicembre del 2023 quando con la donna che amo – tra mille ritrosie (sue) e altrettante insistenze (mie) – ci siamo date appuntamento proprio qui. Nonostante arrivassi direttamente dal Costa Rica, e avessi gli occhi ancora pieni di quella bellezza selvaggia, appena scesa dall’aereo non ho avuto dubbi: ero tornata a casa. Restava da capire cosa ne pensasse lei. Beh, non ci si incontra per caso: dopo solo cinque giorni se ne era innamorata e, soprattutto, mi ha detto “ora capisco”.
È a quel punto che, come sempre è accaduto nelle nostre vite, mia sorella è diventata il mio Robin. Che poi, quanto è bello alternarsi tra Batman e il suo fido compagno? Quante volte sono stata io Robin per i suoi mille progetti? Ora toccava a lei darmi la forza per fare l’ultimo passo accompagnandomi di nuovo sulla mia Isla a cercare, vedere, incontrare, perdere la speranza e poi riconquistarla.
Con qualche passo folle e tanta razionalità, come solo nei progetti veri, quelli che nascono dai sogni.
Ed eccoci di nuovo qui, nel marzo del 2024 a condividere polvere e vernici e ferramenta.
A scegliere colori e carta vetrata per il legno e le pareti. Che quella leggera, si sa, non basta a raschiare la pittura e l’umidità.
Eccoci ed eccomi qui, anche dopo la sua partenza, a condividere i prossimi passi con lei e con l’amore di cui sopra, con l’oceano che ci separa ma con i sogni che ci uniscono.
Le mani sono coperte di piaghe, sulla pelle ho ferite date dalla distrazione che solo dopo giornate di diciotto ore di lavoro ininterrotto, il palato non sente i sapori a causa della polvere ingerita, ma il progetto è chiaro. E la fatica si supera.
Eccomi qui a scartavetrare, dipingere, imparare come si avvia una pompa per la gestione dell’acqua comunale in un’isola in cui l’acqua è IL tema. A perdere il sonno per capire come aggiustare una perdita sul tetto. Che poi, è possibile mai che in un’isola dove c’è poca acqua sia proprio lei a rischiare di essere troppa e troppo violenta? Ebbene sì, perché l’acqua, l’ho già detto lo so, è IL tema.
Ma se l’acqua può prendere la sua strada, anche in luoghi dove di potabile ce n’è poca, perché non proviamo anche noi a direzionare i nostri sogni?
Sì, a chi non capita di sognare.
Ma è quando ci rendiamo conto che le piaghe alle mani sono parte del sogno, quando accettiamo che i sacrifici sono indispensabili perché la strada possa proseguire, è solo a quel punto che i sogni si trasformano in progetti.
E quanta soddisfazione si prova quando ci si rende conto che siamo noi stessi parte del progetto? Che quella parete, quel tavolo, quell’armadio non sono solo nel posto giusto ma sono, soprattutto, giusti loro stessi dal momento che li abbiamo tirati su con le nostre mani.

È un tipo di soddisfazione a cui le persone che come me hanno fatto del solo lavoro d’intelletto la loro quotidianità non sono abituate e che sto scoprendo giorno dopo giorno. 
Ma è proprio questo tipo di fatica e stanchezza che rende i progetti ancora più reali.
Buoni sogni e buoni progetti a tutti voi!

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